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L’acqua non è una merce

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  4. L’acqua non è una merce
Postato il 20 Giugno 2021
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Nella mattinata di domenica 13 giugno, la Rete Civica No Gori, la quale riunisce i comitati per l’acqua pubblica dell’ex ente d’ambito Sarnese – Vesuviano, ha organizzato un primo evento ufficiale dopo i difficili mesi di chiusura causati dalla pandemia.
Prima di parlarne, però, è necessario un brevissimo riassunto su ciò che ha ispirato questo incontro.
Esattamente dieci anni fa, il 12 e il 13 giugno 2011, in Italia si tenne uno dei referendum abrogativi più partecipati nella storia della Repubblica. Gli italiani furono chiamati a votare su quattro quesiti, i quali formulavano tra le altre una domanda frutto già di mille battaglie: il servizio idrico doveva essere gestito secondo le forme in vigore in quegli anni, cioè tramite società pubbliche, private o miste, oppure esso doveva essere sotto totale controllo pubblico?
La risposta fu schiacciante. Oltre 26 milioni di italiani si schierarono per la totale ripubblicizzazione, con una percentuale uguale a circa il 95% degli elettori favorevoli a questa risposta (in Campania si superò addirittura il 98%).
Fino a qui sembra che non ci sia nulla da aggiungere, se non il fatto che dopo dieci anni, non rispettando la volontà espressa democraticamente dai cittadini, tutto è rimasto immutato in quei territori la cui acqua era gestita da privati, salvo pochissime eccezioni come la città di Napoli.
Adesso, nel 2021, c’è ancora necessità di ribadire i concetti chiave che ispirarono il referendum, come è stato fatto il 13 giugno scorso dalla Rete Civica No Gori.
Dopo il posizionamento di striscioni, bandierine e manifesti, la mattinata ha visto la realizzazione di vari interventi fatti da gruppi molto diversi tra loro, ma uniti dalla stessa idea: l’acqua è un bene comune e nessuno può trarre profitto da essa.
I presenti erano rappresentanti di varie realtà: comitati per l’acqua, movimenti religiosi, associazioni ambientaliste, gruppi di cittadinanza attiva, istituzioni pubbliche.

L’obiettivo dell’evento non era festeggiare la vittoria referendaria, ma al contrario, ricordare come anche nei nostri comuni la gestione del servizio idrico è in mano ad una società, la GORI S.p.A., la quale non solo vede la forte presenza dei privati al suo interno, ma si è contraddistinta anche per numerose mancanze in questi anni: tariffe tra le più elevate d’Italia, scarsità di investimenti per la revisione delle reti, distacchi selvaggi, incremento vertiginoso dei propri debiti.

Oltre a questi dati già estremamente gravi, si deve presentare l’aspetto etico della questione. Un soggetto privato lavora per offrire un servizio, ma nello stesso tempo anche per ottenere un proprio profitto. Questo è giusto e irrinunciabile nei tanti ambiti dell’economia, ma, nel momento in cui si parla di beni essenziali per la vita, come l’acqua appunto, non può esserci una logica di questo tipo.
In altre parti del mondo, dove la privatizzazione è già in una fase più avanzata, si può vedere il suo effetto a lungo termine. In Australia, ad esempio, la disponibilità di acqua è limitata a causa del clima secco e questo sta favorendo la sua vendita ai contadini a peso d’oro. Il risultato finale è semplice: la fattoria più ricca riesce ad andare avanti, quella più piccola e povera vede i suoi ricavi scendere sempre di più.
In vista dei cambiamenti climatici in corso, purtroppo c’è da preoccuparsi molto pensando che l’acqua disponibile sarà sempre di meno e che essa è già sotto l’occhio di grandi gruppi multinazionali e della speculazione finanziaria.
Anche come cristiani siamo chiamati a riflettere su questo tema, considerando che tutti noi siamo custodi della creazione e nessuno può appropriarsene danneggiando gli uomini più deboli o l’ambiente stesso. Come ci ricorda anche Papa Francesco: Per noi credenti, “sorella acqua” non è una merce, ma è un simbolo universale ed è fonte di vita e di salute. Troppi fratelli, tanti, tanti fratelli e sorelle hanno accesso a poca acqua e magari inquinata! È necessario assicurare a tutti acqua potabile e servizi igienici.
In conclusione, possiamo dire che la mattinata del 13 giugno è stata per gli attivisti presenti un segno volto a tenere alta l’attenzione su uno dei beni comuni più importanti. Essa ha permesso anche di ricominciare a uscire dagli schermi delle videoconferenze per tornare a farsi vedere dalla gente.
I prossimi tempi non si prospettano rosei, ma l’augurio è quello che l’acqua e tutti gli altri beni comuni diventino cardine di un cambiamento capace di rimettere al centro il legame tra uomo e natura, elemento imprescindibile se vogliamo donare una terra vivibile alle generazioni future!

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